In una lettera aperta la Presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) Rosa Maiello spiega le ragioni per le quali l’AIB ha preso posizione assieme all’Associazione Italiana Editori e all’Associazione Italiana Librai a favore della proposta di direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale. In questo documento viene nominata l’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) in riferimento alle notizie seguenti:
- “L’AIB prende posizione a favore della direttiva europea sul copyright”
- “Lettera aperta del Partito Pirata all’AIB”.
AISA, essendo stata chiamata in causa, ritiene opportuno rispondere esplicitando la propria posizione sulla proposta di direttiva.
Rosa Maiello assume che tra prendere per intero la proposta o lasciarla cadere sia preferibile la prima opzione.
Asserisce, inoltre, che la posizione espressa da AIB sia perfettamente allineata a quelle di EBLIDA e LIBER rivendicando le campagne che AIB ha svolto per migliorare il testo della proposta di direttiva.
L’argomento principale della Presidente AIB è il seguente: la proposta di direttiva contiene disposizioni normative che faciliterebbero attività importanti per la ricerca, la didattica e le biblioteche. Nelle parole di Maiello:
Oggi, per la prima volta dopo circa un ventennio, e dopo consultazioni, analisi e studi che durano da circa dieci anni, insieme alle attività di lobbying che hanno visto sempre IFLA ed EBLIDA (e anche LIBER, Europeana e altri) in prima fila, con il supporto non irrilevante di associazioni nazionali come l’AIB, ci troviamo di fronte all’opportunità di facilitare alcune attività importanti per la ricerca, la didattica e le biblioteche.
Nonostante la proposta sia incentrata sui famigerati articoli 11 (“link tax”) e 13 (“upload filters”), motivi di pragmatismo politico indurrebbero a prendere un treno – quello delle norme a favore della ricerca, della didattica e delle biblioteche – che difficilmente passerà nuovamente nel prossimo futuro.
AISA non condivide la visione della Presidente Maiello per alcune ragioni.
A) Finalità della direttiva. La finalità che anima gli art. 11 e 13 è inedita nella storia della legislazione del diritto d’autore. Non si tratta di promuovere la conoscenza, né di stimolare la creatività, né di riconoscere diritti naturali agli autori, né tantomeno di incentivare investimenti finalizzati all’innovazione, ma semplicemente di (provare) a colmare il divario (c.d. “value gap”) tra i profitti delle gigantesche piattaforme di Internet (come Google e YouTube) e quelli dei titolari dei contenuti (editori di giornali, musica, film ecc.). Insomma, il diritto d’autore si trasforma – e deforma – in un dispositivo per la redistribuzione della ricchezza. La retorica della tutela dell’autore si dissolve e lascia contemplare il vero volto del legislatore comunitario. Molte voci hanno rimarcato che i due articoli rappresentano una seria minaccia alla libertà di pensiero e di informazione. Per tacere del fatto che l’obiettivo redistributivo si presenta palesemente velleitario.
Nessuno nega seriamente che il potere delle piattaforme costituisca, per parte sua, un rischio altrettanto concreto per il mantenimento delle libertà di una società democratica, ma la deformazione del diritto d’autore a scopi redistributivi costituisce un rimedio decisamente peggiore del male. Sull’altare del velleitario obiettivo di colmare il divario tra vecchi e nuovi intermediari vengono sacrificate libertà fondamentali di tutti: la libertà di pensiero e di informazione, la privacy e la protezione dei dati personali, la libertà di impresa.
B) Una politica con una visione ampia e lungimirante. Molti cittadini, soprattutto quelli più giovani, denunciano con crescente veemenza lo sguardo miope e ristretto dei politici contemporanei. Ebbene, i politici che hanno votato a favore della proposta di direttiva sul diritto d’autore non sfuggono a tale severo giudizio. La legge sul diritto d’autore dovrebbe tornare a essere un baluardo della libertà di pensiero e informazione di una società democratica. Non bastano operazioni cosmetiche e qualche piccola concessione sul terreno scivoloso delle eccezioni e limitazioni a ripristinare l’equilibrio che la stessa Maiello sostiene essere stato compromesso da decenni di proliferazione e rafforzamento delle esclusive. Serve una visione ampia e lungimirante. Serve una politica degna di questo nome.
C) Eccezioni, esclusive e responsabilità. Sul piano giuridico, mentre le norme a favore di ricerca, didattica e biblioteche apportano modifiche di margine all’asfittico apparato delle eccezioni e limitazioni, gli art. 11 e 13 incidono sui gangli del diritto d’autore. L’art. 11 crea una nuova – l’ennesima – esclusiva, l’art. 13 incide sulla responsabilità degli intermediari della società dell’informazione (service provider) aggiungendo una nuova categoria rispetto a quelle previste dalla direttiva 2000/31 sul commercio elettronico: l’online content sharing service provider. Se la proposta venisse approvata nel testo attuale, il mondo della ricerca, della didattica e delle biblioteche forse potrebbe virtualmente godere di qualche isola di libertà in più, ma in un mare di esclusive che si fa sempre più potente e burrascoso. La difesa delle piccole concessioni di oggi prelude a un disastroso effetto boomerang i cui contraccolpi saranno realmente percepibili nei lustri che seguiranno, dopo che la dottrina giuridica, la Corte di Giustizia e i giudici nazionali si saranno cimentati, dissipando altre risorse pubbliche, nel tentativo di ricucire un tessuto normativo slabbrato e lacerato da infinite contraddizioni.
Tra prendere o lasciare anche AISA non ha dubbi: meglio lasciare il testo della proposta di direttiva a chi si diletta con i più ostici giochi enigmistici e lavorare, con tutti coloro che hanno a cuore l’interesse pubblico, su una vera riforma del diritto d’autore e della regolamentazione di Internet. Meglio, molto meglio difendere le libertà fondamentali di una società democratica.
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