Forse la definizione corrente di “rivista predatoria”, eccessivamente specifica, cattura solo i predatori più piccoli. Se invece, più genericamente, per editori predatori si intendessero tutti quelli che antepongono l’interesse del denaro a quelli della scienza, ricadrebbero nella definizione anche predatori più grandi e pericolosi, vale a dire gli oligopolisti dell’editoria scientifica commerciale, come spiega Paola Galimberti, nostra socia, qui.
Del resto, se un oligopolista editoriale è commerciale e la valutazione della ricerca è incentrata sui contenitori invece che sui contenuti, per quale mai razionalità economica questi dovrebbe sforzarsi di essere “non predatorio”?
Accessi: 13