Il legislatore italiano, tradizionalmente restio restio a proteggere le libertà dei molti contro i monopoli dei pochi, ha sottratto per ben settant’anni al pubblico dominio le fotografie meramente documentarie, facendo orecchi da mercante agli appelli del Capitolo nazionale di Creative Commons e di numerose altre associazioni culturali, bibliotecarie e di ricerca, AISA compresa.
La norma, per le cui conseguenze si rimanda a quanto scritto da Deborah De Angelis sul sito Communia, è stata inserita in un disegno di legge dal titolo fuorviante – «Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese». Questo espediente ha reso difficile ai più comprendere che non di semplificazione tecnica si trattava, bensì di un’ulteriore strozzatura del pubblico dominio che, essendo un interesse di tutti, sarebbe invece compito dello stato difendere.
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