Contratti trasformativi: perché, in Italia, varrebbe la pena discuterne

Come capire se un articolo è scientificamente attendibile?

Dalla seconda metà del secolo scorso molte amministrazioni statali e universitarie hanno smesso di fidarsi della discussione pubblica fra scienziati per confidare in aziende private che contano le citazioni e vendono i loro calcoli. L’idea è che una rivista molto citata sia migliore di una rivista citata meno, e un articolo molto citato in riviste molto citate sia migliore di un articolo citato meno.

Questo sistema, che permette ai burocrati di valutare la scienza senza averne la più pallida idea, ha aiutato gli editori di riviste molto citate a imporre prezzi sempre più alti per abbonamenti che i ricercatori esigono e le amministrazioni pagano per comprare valutazione. Dal punto di vista della scienza, però, prezzi alti e crescenti negano l’accesso alle pubblicazioni sia ai ricercatori di istituzioni povere, sia ai cittadini che avrebbero diritto a leggere i risultati della ricerca pagata con i loro soldi. Il movimento per l’accesso aperto – ora perfino con l’accordo dei vertici dell’Unione europea – ritiene questo sistema non solo ingiustificabile, ma anche talmente inefficiente da dover essere sospeso nel periodo della pandemia, quando era vitale che i ricercatori ricercassero e i cittadini sapessero.

Come rendere i testi accessibili senza sottrarre la valutazione della ricerca agli editori scientifici commerciali e alle aziende di analisi dei dati? Si è pensato che garantire agli editori – con accordi detti trasformativi – una transizione in cui incassassero soldi sia per far leggere testi ad accesso chiuso, sia per pubblicare testi ad accesso aperto li avrebbe incoraggiati a mettere tutto, infine, ad accesso aperto.

Ma perché un editore che può farsi pagare due volte, per gli abbonamenti e per la pubblicazione ad accesso aperto, dovrebbe trasformarsi per farsi pagare una volta soltanto – soprattutto se le biblioteche rimangono obbligate a comprare le sue riviste perché le amministrazioni continuano a delegargli la valutazione della ricerca?

Non sorprendentemente, gli accordi trasformativi sono falliti: pochissime riviste hanno accettato di farsi pagare una volta sola anziché due, passando all’accesso aperto pieno. Fuori d’Italia molte istituzioni che, facendo uso di denaro dei contribuenti, rendono disponibili i loro dati e li analizzano, l’hanno riconosciuto.

In Italia, questi accordi sono stati negoziati e verranno rinegoziati dal servizio Crui-Care, offerto non gratuitamente dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. Ma i dati che la Crui rende pubblici sono pochi, difficili da trovare e non analizzati. Per dare un’idea delle cifre in gioco, l’ultimo contratto italiano con Wiley ammonta a più di 36 milioni di euro, quello in corso con Springer a più di 45 milioni di euro, e quello rinegoziato lo scorso anno con Elsevier a più di 167 milioni di euro.

Per questo AISA chiede alla Crui di pubblicare tutti i dati in merito agli accordi trasformativi e di proporre le proprie analisi. Infatti, se in Italia questi accordi avessero avuto un successo così eccezionale da render superflua ogni discussione, mostrarli, analizzarli e farli analizzare sarebbe un interesse non solo nostro, ma anche suo.

Testo della lettera aperta di AISA alla Crui

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