Che si intende per “riviste predatorie”?

Forse la definizione corrente di “rivista predatoria”, eccessivamente specifica, cattura solo i predatori più piccoli. Se invece, più genericamente, per editori predatori si intendessero tutti quelli che antepongono l’interesse del denaro a quelli della scienza, ricadrebbero nella definizione anche predatori più grandi e pericolosi, vale a dire gli oligopolisti dell’editoria scientifica commerciale, come spiega Paola Galimberti, nostra socia, qui.

Del resto, se un oligopolista editoriale è commerciale e la valutazione della ricerca è incentrata sui contenitori invece che sui contenuti, per quale mai razionalità economica questi dovrebbe sforzarsi di essere “non predatorio”?

Iniziativa collettiva a sostegno della libera condivisione e diffusione della conoscenza

Invitiamo a sostenere e ad aderire all’iniziativa collettiva a sostegno della libera condivisione e diffusione della conoscenza, elaborata nel febbraio 2024 e promossa da: Creative Commons Capitolo italiano; Istituto di Informatica Giuridica e Sistemi Giudiziari, Consiglio Nazionale delle Ricerche – IGSG-CNR (Membro istituzionale di Creative Commons Capitolo italiano); Wikimedia Italia; AISA – Associazione italiana per la promozione della scienza aperta; Open Education Italia.

Informazione più dettagliate sono visibili qui.

Premio per tesi sulla scienza aperta: bando 2025

Anche quest’anno, in occasione del suo X convegno, l’Associazione italiana per la promozione della scienza aperta premierà le migliori tesi di dottorato e di specializzazione o di laurea magistrale dedicate alla scienza aperta e presentate negli anni 2023, 2024 e 2025.

Le indicazioni sulle modalità di partecipazione al concorso, il cui bando scade il 15 settembre 2025, sono consultabili a partire da questa pagina.

Appello dell’International Union of Scientists contro la guerra e la militarizzazione della scienza

Gli stessi strumenti nati dal progresso scientifico e tecnologico e simbolo dell’ingegno umano sono oggi sempre più asserviti alla guerra. Armi autonome, droni, sistemi guidati dall’intelligenza artificiale, missili a lungo raggio e arsenali nucleari sono diventati mezzi della guerra moderna, causando distruzione di massa. Questo minaccia, a breve termine, la vita di milioni di persone e, a lungo termine, gli ecosistemi planetari. Mai prima d’ora l’umanità ha avuto un potenziale di auto-annientamento così grande.

Come scienziati non possiamo rimanere in silenzio. La scienza non è moralmente neutra; esiste all’interno ed è inseparabile dalle realtà sociali e politiche del suo tempo. Rivendicare distacco significa ignorare le conseguenze del nostro lavoro. Oggi ci troviamo di fronte a una scelta morale ed etica chiara: la scienza può servire gli interessi della guerra, del potere e del profitto oppure può servire l’umanità, la pace e la giustizia. Noi scegliamo la seconda. Dobbiamo opporci alla militarizzazione del mondo accademico e della ricerca scientifica ed esigere che il lavoro della scienza sia fatto in modo etico.

L’appello di IUS Stand with Scientists Against War and Militarization of Science, di cui abbiamo tradotto la parte dedicata ai principi ispiratori, è visibile qui ed è aperto all’adesione di studiosi, associazioni e istituzioni di ricerca.

DDL Amorese: non bastano 20 anni di monopolio per le “fotografie semplici”?

Wikimedia Italia e Creative Commons Italia, insieme ad ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana), AIB (Associazione Italiana Biblioteche), ICOM Italia (International Council of Museums), SISSCO (Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea) e AISA (Associazione Italiana per la Promozione della Scienza Aperta) esprimono forte preoccupazione per la proposta di legge Amorese, attualmente in discussione presso la VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati, che mira ad estendere la durata del diritto d’autore sulle cosiddette “fotografie semplici” da 20 a 70 anni dopo la morte dell’autore.

Il 10 giugno scorso, Wikimedia Italia e Creative Commons Italia sono stati ascoltati in audizione alla Camera insieme a ANAI, AIB e ICOM Italia per rappresentare la posizione del mondo culturale e dell’open science rispetto a questa proposta. Tutti i soggetti auditi hanno espresso contrarietà al provvedimento, sottolineando i rischi per l’accessibilità e il riuso legale dei contenuti culturali digitali e per la tutela della memoria collettiva, posizione alla quale hanno aderito anche AISA e SISSCO.

Le Associazioni chiedono che la proposta venga ritirata per non ostacolare l’accesso alla conoscenza e alla ricerca, nonché il diritto all’informazione e la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese, con un’ulteriore estensione di un monopolio intellettuale già tutelato per quanto concerne l’effettiva attività creativa. Tra le possibili conseguenze dell’approvazione della legge c’è infatti il rischio che qualsiasi futura iniziativa di digitalizzazione della documentazione fotografica da parte degli istituti culturali (biblioteche, musei e archivi) venga ritardata di circa mezzo secolo, con gravi ripercussioni sulla ricerca e sull’accessibilità digitale delle fonti.

“La modifica legislativa comporterebbe gravi limitazioni all’accesso e alla condivisione di immagini che documentano la storia, la società e la cultura italiana del Novecento. Si tratta di fotografie che, pur non essendo considerate opere creative, rivestono un ruolo cruciale nella documentazione storica e nella divulgazione culturale, anche attraverso piattaforme come Wikipedia e Wikimedia Commons”, dichiara Ferdinando Traversa, Presidente di Wikimedia Italia.

Ad oggi, sono oltre 80.000 le fotografie semplici disponibili su Wikimedia Commons. Immagini che illustrano circa 140.000 voci enciclopediche in tutte le lingue, con milioni di utenti che ogni mese accedono a tali risorse. Solo nel mese di maggio 2025, le fotografie semplici presenti su Wikipedia hanno generato oltre 260 milioni di visualizzazioni, contribuendo all’informazione e all’educazione di milioni di persone.
Questi utilizzi non arrecano danni economici agli autori, ma al contrario permettono alla fotografia di vivere una seconda vita, contribuendo alla diffusione della conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio collettivo.

Tra le immagini semplici figurano documenti storici insostituibili, come:

“Wikimedia Italia, insieme alle voci del mondo archivistico, bibliotecario e museale, chiede al Governo che questa proposta venga ripensata. L’estensione del diritto d’autore sulle fotografie semplici rischia di privare intere generazioni dell’accesso libero e legale alle immagini del passato recente. Non si tutela la cultura restringendo la circolazione delle immagini, ma favorendone la condivisione” – ha continuato Traversa.

“Nell’audizione alla Camera, abbiamo evidenziato come la proposta di legge, discostandosi dai principi generali del diritto d’autore, rischia di non tutelare i fotografi, ma al contrario, genera incertezza giuridica e finisce per danneggiare l’interesse collettivo”, chiosa la direttrice del Capitolo italiano di Creative Commons, Avv. Deborah De Angelis

Anche la Slovenia riconosce il diritto di ripubblicazione

Nella sessione del 23 maggio 2025 l’assemblea nazionale della repubblica slovena ha approvato una norma sul diritto di ripubblicazione allo scopo di garantire l’accesso e l’uso aperto di testi e dati della ricerca finanziata dal pubblico.

Anche la norma slovena prevede la nullità degli accordi contrattuali contrari.

La camera slovena ha deliberato di allineare il paese a un gruppo sempre più ampio di paesi europei in modo unanime, con un solo astenuto. Invece, nella scorsa legislatura, il parlamento italiano, dopo che la camera dei deputati aveva approvato una analoga riforma del diritto d’autore, l’ha fatta arenare al senato, in seguito a un cambio di maggioranza.

Software libero a scuola e all’università: lettera aperta di Angelo Raffaele Meo

AISA aderisce alla lettera aperta del professor Angelo Raffaele Meo, la quale non invita a produrre ulteriori atti normativi, ma semplicemente a far applicare quelli già esistenti. Sarebbe dunque sufficiente che i ministri competenti inviassero a rettori e dirigenti scolastici un’illustrazione “degli articoli 68 e 69 del ‘Codice dell’Amministrazione Digitale’ e delle ‘Linee guida su acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazioni’ adottate da AgID con Determinazione n. 115 del 9 maggio 2019, eventualmente ricordando la possibilità di intervento della Corte dei Conti per danno erariale”.

Decreto legge “sicurezza” (ex ddl “sicurezza”): la norma scomparsa

Il ddl “sicurezza” oggetto del nostro comunicato del dicembre 2024 è stato trasformato, come se si trattasse di questioni di necessità e urgenza, in un decreto legge “sicurezza”, il cui testo è visibile qui.

Come riporta dettagliatamente Roberto Caso, l’articolo 31, che avrebbe obbligato sia le pubbliche amministrazioni in generale, sia le università in particolare a collaborare con i servizi segreti, sembra scomparso dal decreto in vigore. A prescindere dalle altre forme di erosione di diritti fondamentali rimaste nel testo, che hanno suscitato allarme anche fra gli esperti dell’ONU, e delle lesioni che l’articolo 31 avrebbe inflitto anche fuori dall’accademia, questa cancellazione evita, per il momento, un’ulteriore compressione di una libertà costituzionale, quella della didattica e della ricerca, già deteriorata dalla sua sistematica sottomissione a poteri di sorveglianza statali e no.

Ciò non esclude che, in un clima di crescente militarizzazione, il contenuto della norma non possa esser ripresentato in forma meno visibile altrove, così da render sempre più difficile a studenti e studiosi discutere liberamente, come chiedeva Immanuel Kant, delle condizioni della pubblica pace nella nebbia di una privata guerra.

Ricerca pubblica, servizi segreti: il ddl sicurezza e l’università

Gli studiosi italiani che lavorano all’università e negli enti di ricerca pubblici sono già assuefatti alla sorveglianza. L’Anvur, agenzia nominata dal governo per la valutazione della ricerca, investita del potere di stabilire quali riviste sono scientifiche e quali no, si prende la libertà di rovistare amministrativamente nei cassetti delle redazioni per controllare referaggi di cui altrimenti esalta oltremodo la confidenzialità. E anche i privati che traggono profitto dal controllo governativo sulla ricerca – oligopolisti dell’editoria scientifica commerciale come Elsevier e Springer-Nature – li hanno abituati a leggere riviste che li leggono e a riacquistare i dati che hanno regalato loro riconfezionati sotto forma di servizi amministrativi e sedicenti predittivi.
Con il ddl sicurezza S.1236, però, la sorveglianza diventa più attiva ed eccitante: il primo comma dell’articolo 31 obbliga chi lavora nelle università e negli enti di ricerca a collaborare con i servizi segreti. Per esempio chi insegna potrebbe così emozionarsi a rivelare ad agenti diversi da quelli dell’ANVUR le preferenze politiche degli studenti con cui discute ai ricevimenti e a lezione, e sentirsi anche lui un po’ eroe – ancorché coatto – della sicurezza nazionale.
Chi invece pensa che l’unico servizio della scienza sia quello dell’uso pubblico della ragione, e non trova particolarmente emozionante soffocare la libertà della discussione scientifica e didattica violando svariati articoli della costituzione italiana, può leggere e far leggere il nostro comunicato che, forte dell’analisi in punto di diritto di Roberto Caso, cofondatore ed ex presidente dell’AISA, invita il parlamento a rigettare un così avventuroso disegno.

Il disegno di legge (ddl) sicurezza S.1236 “disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” presentato dal Governo il 22 gennaio 2024, approvato dalla Camera dei deputati il 18 settembre 2024 e ora in discussione al Senato è al centro di un acceso dibattito politico dentro e fuori del Parlamento.
Il ddl interviene con finalità repressive e securitarie sul diritto e sulla procedura penale. Molte critiche sono state mosse contro l’impostazione di fondo e gli strumenti normativi utilizzati. Secondo i critici, la proliferazione dei reati, l’inasprimento delle pene, attuata mediante l’affastellamento di disposizioni legislative di difficile coordinamento, interpretazione e applicazione, colpisce i più deboli e contrasta il dissenso politico, determinando un’illegittima compressione dei principi e delle norme costituzionali che tutelano diritti e libertà fondamentali. In particolare, a essere a rischio sono la libertà di riunione, informazione e di manifestazione del pensiero. Dei molteplici argomenti mobilitati contro il ddl vi è traccia nei documenti acquisiti in Parlamento durante le audizioni: si vedano, a titolo di esempio, le memorie presentate al Senato dal prof. Massimo Luciani, dal prof. Enrico Grosso, dall’Unione delle Camere Penali.

Tra le tante disposizioni normative oggetto di critica ve ne è una che ha ricevuto meno attenzione. Essa riguarda l’estensione del potere dei servizi di informazione in riferimento alle università e agli enti pubblici di ricerca. Si tratta dell’art. 31, comma 1, del ddl rubricato “Disposizioni per il potenziamento dell’attività di informazione per la sicurezza” che mira a modificare il comma 1 dell’articolo 13 dell’ultima legge di riforma dei servizi di informazione, l. 3 agosto 2007, n. 124, sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.

L’attuale art. 13, c.1, della legge 2007/124 così recita:

“1. Il DIS, l’AISE e l’AISI possono corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e con i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità e chiedere ad essi la collaborazione, anche di ordine logistico, necessaria per l’adempimento delle loro funzioni istituzionali; a tale fine possono in particolare stipulare convenzioni con i predetti soggetti, nonché con le università e con gli enti di ricerca”.

Se il ddl sicurezza fosse approvato il testo del comma 1 dell’art. 13 della l. 2007/124 diventerebbe il seguente:

“1. Le pubbliche amministrazioni, le società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico e i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità sono tenuti a prestare al DIS, all’AISE e all’AISI la collaborazione e l’assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale. Il DIS, l’AISE e l’AISI possono stipulare convenzioni con i predetti soggetti, nonché con le università e con gli enti di ricerca, per la definizione delle modalità della collaborazione e dell’assistenza suddette. Le convenzioni possono prevedere la comunicazione di informazioni ai predetti organismi anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza”.

La scheda di lettura che accompagna il ddl rileva quanto segue:

“Il comma 1, lett. a), n. 1, modifica l’articolo 13, comma 1, della legge 124/2007 (la legge reca la nuova disciplina dei servizi di informazione), prevedendo che le pubbliche amministrazioni e alcuni soggetti ad esse equiparati siano tenuti a prestare al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) e alle agenzie del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica – ossia l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) e l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI) – la collaborazione e l’assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale.

Attualmente, la disposizione vigente prevede che DIS e agenzie possono corrispondere con le pubbliche amministrazioni e con i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità e chiedere ad essi la collaborazione, anche di ordine logistico, necessaria per l’adempimento delle loro funzioni istituzionali.

La norma in esame, da un lato, rende cogente la collaborazione – ed anche l’assistenza, non prevista dalla norma vigente – che gli organismi di sicurezza eventualmente richiedono alle pubbliche amministrazioni. Dall’altro, specifica che la collaborazione e assistenza debbano essere motivate dalla necessità della tutela della sicurezza nazionale, mentre la disposizione vigente fa riferimento alla necessità di adempiere alle funzioni istituzionali di detti organismi.

Inoltre, viene ampliato il novero dei soggetti tenuti a prestare la collaborazione, estendendo tale obbligo alle società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico.

Come nella formulazione vigente, è previsto che le modalità di tale collaborazione siano definite con convenzioni tra i soggetti tenuti a prestarla e gli organismi di informazione per la sicurezza. A differenza della disposizione in vigore, viene specificato che le convenzioni possano prevedere anche la comunicazione di informazione agli organismi in deroga ai vincoli di riservatezza previsti dalla normativa di settore.

Il comma 1, lett. a), n. 2, modifica la rubrica dell’articolo 13 della legge 124/2007 per adattarla alle modifiche di cui sopra [grassetti originali]”.

Com’è stato notato dal Dott. Armando Spataro in sede di audizione, tale nuovo intervento normativo risponde all’”orientamento politico finalizzato ad estendere il ruolo delle Agenzie di Informazione nella direzione di attività che non competono loro, come – in particolare – quelle di indagine giudiziaria”.

Due aspetti della proposta di modifica saltano agli occhi:

  1. il potere dei servizi di informazione di corrispondere con gli altri soggetti facenti capo allo stato e chiedere la collaborazione si trasforma in obbligo dei questi ultimi di prestare collaborazione e assistenza;
  2. le convenzioni disciplinate dalla disposizione legislativa possono prevedere la comunicazione di informazioni in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza.

L’imposizione, nell’ambito universitario e della ricerca pubblica, dell’obbligo di collaborare in connessione alla comunicazione di informazioni in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza suscita preoccupazione.

Il Presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali si è espresso a margine del testo discusso alla Camera, sostenendo che l’uso della categoria “riservatezza” non include la protezione dei dati personali:

“il riferimento alla riservatezza va inteso – collocando la norma all’interno del contesto giuridico in cui si inscrive e ai parametri della legge 124 – con riguardo a profili diversi dalla disciplina di protezione dati personali. E questo, non tanto e non solo per ragioni nominalistiche, quanto perché l’articolo 58 del Codice in materia di protezione dei dati personali già introduce una disciplina derogatoria, con valenza generale, del trattamento di dati personali da parte degli Organismi, per fini di sicurezza nazionale. A tale cornice generale dovrà, pertanto, ricondursi il trattamento di dati personali funzionale (o connesso) a tali comunicazioni, anche considerando che la deroga introdotta si riferisce a normative “di settore in materia di riservatezza” e non, invece, a una di taglio generale quale, appunto, quella di cui all’art. 58 del Codice”.

Se quanto rilevato dal Garante della Privacy è corretto, a quale riservatezza intende riferirsi la norma?

La disposizione legislativa, anche per la sua ambiguità, si presta a essere interpretata come fonte di un anomalo potere investigativo in capo ai servizi di informazione da utilizzare nei confronti di università ed enti pubblici di ricerca. Tale potere si pone in frontale contrasto con la tutela costituzionale della riservatezza personale, delle libertà di informazione e manifestazione del pensiero nonché della libertà e autonomia accademiche, violando gli art. 2, 15, 21 e 33 della Costituzione.

Nell’attesa che gli organi di rappresentanza dell’università italiana e degli enti pubblici di ricerca facciano sentire la propria voce, l’AISA chiede al Parlamento di non approvare il ddl S.1236 “disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” e, in ogni caso, di cancellare la proposta di modifica dell’art. 13 della l. l. 2007/124 contenuta nell’art. 31 del disegno di legge.

This text is licensed under CC BY-SA 4.0 license