Il CNRS francese, dopo aver abbandonato Scopus (Elsevier), sospenderà a fine anno anche gli abbonamenti al padre di tutti i database bibliometrici commerciali, Clarivate Analytics, in seno al quale fu concepito nel secolo scorso – quando l’azienda si chiamava ISI – il fattore d’impatto. Così, mentre in Italia vigono ancora rigide soglie bibliometriche per accedere a commissioni e abilitazioni nazionali, i ricercatori del CNRS saranno invece liberi dal suo giogo privato.
I motivi della scelta del CNRS sono molteplici:
- gli indicatori quantitativi non rendono giustizia alla qualità della ricerca;
- l’idea che il valore della scienza dipenda dal prestigio e dalla popolarità delle riviste è ormai intollerabilmente riduttiva;
- l’istituzione risparmierà 1,4 milioni di euro l’anno, che potrà devolvere a iniziative a favore della scienza aperta;
- sarà più facile promuovere l’uso di database aperti, come OpenAlex;
- e soprattutto si cesserà di lavorare gratis per migliorare la qualità di database proprietari – così da smettere di sentirsi dire che si devono preferire e pagare perché sarebbero qualitativamente migliori;
- si perderà certo un “metro” condiviso dai più, ma sottrarsene è un passo necessario per cominciare a pensarne altri.
Anche se conviene chiedersi fino a che punto una valutazione quantitativa basata su dati aperti e pubblici potrebbe sottrarsi a tutti i limiti della bibliometria, la scelta del CNRS francese ne supera almeno uno: la dipendenza da oligopolisti privati che intrappolano università ed enti di ricerca in sistemi opachi, costosi e in parte -o per lo più? – basati sullo sfruttamento del lavoro gratuito altrui.