Nei Paesi Bassi il contratto trasformativo con l’editore Elsevier terminerà alla fine del 2024.
Il rapporto di JISC sui contratti trasformativi nel Regno Unito prevede che i contratti trasformativi ci metteranno almeno 70 anni per attuare il loro scopo nominale, vale a dire trasformare l’editoria ad accesso chiuso in editoria interamente ad accesso aperto: in Olanda si è dunque pensato che potesse essere utile un confronto fra i diversi portatori di interessi coinvolti nella contrattazione per l’acquisto e la fruizione dei contenuti scientifici. In questi anni, infatti, i Paesi Bassi non solo hanno rafforzato le politiche di Open science, ma si sono anche orientati verso l’autonomia digitale tramite la creazione e la promozione di infrastrutture pubbliche. E proprio la crescente insoddisfazione nei confronti dei costosi servizi dei servizi dei privati ha ispirato la necessità di discuterli pubblicamente.
Perciò, il 18 aprile 2024, il consorzio delle 14 università pubbliche olandesi ha organizzato un incontro in cui editori, esperti di comunicazione scientifica, istituzioni, bibliotecari e ricercatori si sono chiesti cosa richiedere agli editori commerciali in generale – e non soltanto a Elsevier – nei prossimi negoziati.
Qui è possibile vedere il programma e gli abstract delle diverse sessioni.
Di particolar interesse è il commento documentato e critico sull’incontro di Rene Bekkers, direttore del Center for Philanthropic Studies at the Department of Sociology of the Vrije Universiteit (VU) di Amsterdam,
I profitti non solo di Elsevier ma degli editori commerciali in generale – scrive Bekkers – sono oltraggiosamente elevati, soprattutto se consideriamo e che il presunto valore aggiunto dato dalla selezione editoriale dei testi non dipende da loro, ma dal lavoro volontario dei ricercatori che includono la revisione paritaria fra i propri doveri.
Lo status quo dell’editoria commerciale e dei suoi profitti “oltraggiosi” non è però dovuto solo agli editori, bensì anche:
- alle società scientifiche che hanno bisogno dei profitti ricavati dalle riviste pubblicate presso editori commerciali per finanziare il proprio funzionamento.
- alle istituzioni che continuano a fondare le proprie decisioni sul “prestigio” di sedi editoriali costosissime, sebbene l’editoria scientifica sia ormai inquinata da un’inflazione di ricerche inutili, o inventate, o con risultati ritoccati.
La pressione a pubblicare rende inoltre sempre più difficile alla revisione paritaria fungere da garanzia di qualità perché la quantità di articoli sottomessi alle riviste “prestigiose” è ormai ben superiore a quanto può essere seriamente rivisto.
Che dovremmo volere dagli editori?
Le risposte di Bekkers sono secche: dovremmo farci restituire l’enorme quantità di soldi che ci hanno estorto per servizi che non sono in grado di svolgere, e rebus sic stantibus, non dovremmo chieder loro nient’altro, a meno che non si trasformino in organizzazioni senza fini di lucro, perché non aggiungono nessun valore alle nostre pubblicazioni. E anche se, meno radicalmente, riconoscessimo gli editori commerciali come un male necessario, dovremmo almeno pretendere un impegno a migliorare la trasparenza e la qualità delle pubblicazioni attraverso forme più strutturate di peer review, la pubblicazione dei pareri dei revisori, l’aggiunta di link alla preregistrazione della ricerca e ai preprint, e l’ associazione alla pubblicazione di dati, codice e materiali accessibili.
Anche se in Italia pochi discutono e chiedono di monitorare e valutare il sistema attuale di contrattazione e la consultazione dei portatori di interesse e ed esperti non è pubblica, CRUI-CARE potrebbe avere un interesse, almeno economico, a tener presenti queste proposte nelle prossime contrattazioni.
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